Masterizzare per lo streaming

I servizi di streaming hanno cambiato alcune regole della produzione musicale e del mercato discografico. Non mi piace pensare che sia peggio di prima: sono più propenso nel capire i meccanismi e utilizzarli per produrre meglio.

Ho deciso di scrivere questo articolo nel quale raccolgo linee guida ufficiali prese da Spotify e alcuni consigli sul mastering che provengono dalla mia esperienza diretta sul campo.

Prendo in esame Spotify perchè (purtroppo) è il più diffuso e anche perchè le altre piattaforme si basano su una logica di funzionamento molto simile a Spotify, quindi le mosse valide per quest’ultimo lo sono anche per tutti gli altri servizi.

Masterizzare un brano ottimizzandolo per Spotify vuol dire considerare l’algoritmo di funzionamento che la piattaforma applica durante lo streaming: i brani infatti vengono codificati direttamente in ascolto, insomma quando si schiaccia “play”. Così come viene “venduto” da Spotify, l’algoritmo è democratico e posiziona tutti i brani allo stesso livello di “volume”; questo per evitare che brani più “alti” siano avvantaggiati rispetto ad altri più “bassi”.

La prima cosa da sapere è che Spotify normalizza un brano in base ai dati relativi al suo “volume”. La normalizzazione si attiva automaticamente quando installate l’app (date un occhio allo screenshot qui sotto, questo è il menu Iphone ma è simile anche nell’app desktop)

I dati relativi al “volume” vengono generati tramite ReplayGain: un sistema che assegna a ogni brano, un valore di volume scrivendolo nei metadata del file stesso.

Come fa spotify a misurare il volume dei vostri brani?

Fortunatamente rispetto a qualche tempo fa ReplayGain utilizza lo standard ITU 1770 che prende come riferimento la scala in dB LUFS. Dico che è una fortuna perchè è comodamente misurabile da tutti i software audio e fedele al parametro di Spotify.

A proposito della normalizzazione, Spotify dichiara:

“Nel momento in cui un file audio viene messo in play dalla piattaforma, subisce una normalizzazione di gain “verso il basso” o “verso l’alto” in base al dato scritto da ReplayGain, in questo modo”:

– Verso il basso se il brano è più alto di -14dB LUFS. In questo caso senza particolari artefatti.

– Verso l’alto se il brano è più basso di -14dB LUFS, operazione più delicata perchè viene inserito un limiter sul brano.

Secondo questa logica, il nostro master dovrà quindi avvicinarsi il più possibile a -14dB LUFS. Spesso però siamo costretti a “far suonare” i nostri mix più alti di questa soglia, per diversi motivi di “impatto sonoro” rispetto ai brani di riferimento da esempio.

Inoltre, l’algoritmo di Spotify, non agisce solo ed esclusivamente prendendo in considerazione un banale livello (-14dB LUFS) ma rispettando anche altri parametri insiti nel sistema ReplayGain: ad esempio la tipologia di segnale audio e la sua composizione in frequenza, i picchi, il fattore dinamico ecc..

Come faccio a masterizzare rispettando un livello attendibile?

Per prima cosa è utile servirsi di un plugin che misura i dB LUFS; ne esistono diversi, ma io vi consiglio YouLean, che per altro nella versione FREE ha tutto il necessario. Si può scaricare in diversi formati e installare nel vostro software audio.

Il secondo passo è quello di masterizzare i brani restando intorno ai -8 \ -7dB LUFS (per la precisione LUFS short term), in questo modo si prendono in considerazione i picchi di maggiore energia del brano. (senza andare nel dettaglio, la dicitura LUFS “short term” la trovate in tutti i LUFS meter, compreso YouLean)

L’ultimo passo, il più importante: caricate quindi un Limiter plugin sulla vostra traccia, prima del meter LUFS, e impostate l’output del limiter in questo modo:

-1dB se state masterizzando intorno ai -14dB LUFS o più basso.

-2dB se state masterizzando a un livello superiore ai -14dB LUFS (cioè quasi sempre)

Monitorate sempre il segnale audio “true peak” (lo si può fare con Youlean) e controllate che non superi mai -1dB o -2dB in base a come state masterizzando. Questa mossa sarà in grado di prevenire eventuali distorsioni o artefatti in fase di conversione da parte della piattaforma streaming.

A questo punto generate un file audio nel formato wave \ 44100 \ 16bit e sarete pronti per fare upload del vostro brano.

Spero di aver fatto un po’ più di chiarezza su questo tema.

E se invece devo masterizzare un Podcast?

Per ora Spotify non parla molto chiaramente in merito a eventuali linee guida (almeno io non ne ho trovate). Quello che ho rilevato analizzando i livelli di alcuni podcast è che, diversamente dalla produzione musicale, è bene che un Podcast si collochi tra i -20 e i -16 dB LUFS. Restando intorno ai -18 dB LUFS si ha un ottimo livello di riproduzione.

Per quanto riguarda invece l’utilizzo dei limiter, il consiglio è quello di impostare sempre l’output a -1 dB in modo tale da non avere artefatti in fase di conversione da parte della piattaforma.

Prometto di dedicare un articolo a questo tema, magari facendo intervenire una persona nel campo podcast.

Che facciate musica o podcast, non disperate. Se avete una buona idea funzionerà a prescindere dal suo volume.

Al prossimo articolo!

Per approfondire i temi trattati vi lascio qui alcuni link utili:

Linee guida ufficiali Spotify

Recording and mixing podcast” dal sito Waves.com

Mi chiamo Riccardo Carugati e sono un produttore musicale.

Sfrutto microfoni, pelli e corde per produrre musica insieme agli artisti.

Registro ergo sum.

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